La storia delle origini di questa chiesa, probabilmente dedicata fin dalla sua fondazione a San Pietro apostolo, è ancora piuttosto nebulosa ed è tramandata solamente dalla storiografia antica; tuttavia, sembra certa l’esistenza di un oratorio, all’interno del castello di Montegibbio, fin dal costituirsi del primitivo nucleo fortificato. Il titolo di parrocchiale era assegnato in precedenza a una chiesa ubicata presso la località Passo Stretto e, successivamente, alla chiesetta di San Marino, tuttora esistente a oriente del castello. Non appena assunse il titolo di parrocchiale, questo tempio all’interno del recinto castellano aggiunse alla prima anche la dedicazione a San Marino, titolarità scomparsa nella seconda metà del Seicento. Testimoniata anche nell’affresco che raffigura Montegibbio nella Sala delle Vedute del Castello di Spezzano, dipinta da Cesare Baglione nel 1596, la chiesa fu interessata da interventi di riqualificazione edilizia, in concomitanza con quelli promossi dal marchese Boschetti nel vicino palazzo marchionale attorno alla metà del Seicento. L’interno, a tre navate, presenta una ornamentazione in stucco ispirata a più auliche e complesse coeve realizzazioni cittadine, come l’Appartamento Stuccato del Palazzo Ducale di Sassuolo o la Chiesa della Madonna del Macero, o “di Sotto”, sempre a Sassuolo. Il sobrio prospetto principale, che sembrerebbe preludere a un sacello a una sola navata, è ispirato a modelli settecenteschi e fu compiuto soltanto nel 1770, mentre al 1864 risalgono alcuni cospicui interventi di consolidamento strutturale e la sostituzione delle decorazioni dipinte sei-settecentesche con quelle a quadratura architettonica, realizzate da Antonio Forghieri e cancellate da uno scialbo operato in occasione di un successivo restauro. Oltre ai pregevoli paliotti in scagliola di manifattura carpigiana, databili all’inizio del Settecento, all’interno sono custodite una pala della seconda metà del Seicento raffigurante San Pietro apostolo, già sull’altare maggiore e ora nel primo altare di destra, e un’altra coeva con la Madonna in gloria e i santi Antonio da Padova, Lucia, Francesco d’Assisi e Alberto di Sicilia. Quest’ultimo dipinto, di cui si segnala il brano paesaggistico centrale raffigurante il castello di Montegibbio alla fine del Seicento, è collocato entro una sontuosa ancona in legno intagliato che funge anche da armadio delle reliquie, nascondendo vani portareliquiari dietro le lesene e il pannello inferiore con lo stemma della famiglia Borsari, proprietari del castello dal 1851. L’Aceto balsamico tradizionale di Modena, pregiato prodotto di indiscussa qualità, è frutto di una lunga e paziente lavorazione che richiede dai 12 ai 25 anni di invecchiamento. La materia prima è il mosto, ottenuto da uve rigorosamente selezionate provenienti da vitigni della zona. Cotto per 10-12 ore a cielo aperto per ridurlo a concentrazione desiderata, il mosto è prima fatto decantare in contenitori di vetro, poi lasciato fermentare, infine messo a maturare in botti di legno, eventualmente innestate con colonie di acetobatteri. Le botti, di differenti dimensioni e disposte in batteria a scalare, possono essere di diversi legni: castagno, gelso, ciliegio, ginepro e rovere, ciascuno dei quali conferisce al prodotto particolari qualità organolettiche. Ogni anno, venendo a ridursi per evaporazione il contenuto dei barili, si procede al rincalzo di ciascuna botte, partendo dalla più piccola, prelevando il contenuto da quella immediatamente maggiore e versando il nuovo mosto cotto e fermentato solamente in quella “di testa”, la più grande. In questo modo le botti maggiori conterranno sempre il prodotto più giovane, quelle intermedie l’aceto in via di maturazione e quelle più piccole l’affinato e delizioso balsamico invecchiato. Il segreto di questo elisir dal colore bruno scuro, denso, lucente, con uno straordinario sapore agrodolce, capace di esaltare i sapori delle pietanze, dalle più semplici alle più elaborate, è proprio nel lunghissimo invecchiamento, che può anche superare i trent’anni. 

Poiché il processo di acetificazione necessita di molto ossigeno, le botti devono essere sistemate in luogo ben areato, col cocchiume (apertura) coperto da garze per impedire l’ingresso di polvere, insetti ecc. 
Anche il luogo di conservazione delle botti partecipa alla definizione delle caratteristiche del balsamico: oltre a essere ubicata nella limitata area geografica indicata dal rigoroso disciplinare di produzione, l’acetaia stessa deve essere collocata in un luogo che risenta in modo diretto delle forti escursioni termiche stagionali, come un sottotetto. 

L’Acetaia Comunale di Sassuolo, istituita nel 2003, è curata dai custodi dell’arte dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena – Comunità di Sassuolo: un gruppo di volontari, che si avvalgono della competenza e dell’esperienza della Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Spilamberto, riuniti in associazione con l’obiettivo di promuovere la cultura del balsamico. Si deve alla loro maestria e al loro impegno la creazione dell’Acetaia Comunale e la possibilità di un suo utilizzo per scopi turistici e didattici.

Il Castello di Montegibbio sorge alla sommità di uno dei rilievi collinari che circondano Sassuolo, a circa 5 km dalla città. Cinto da un romantico parco all’inglese, a sua volta immerso nel morbido paesaggio agricolo circostante, è un complesso castellano di origini medievali tra i più suggestivi della provincia di Modena. 
Attualmente è possibile visitare il parco, la corte - utilizzata nel periodo estivo per eventi culturali e concessa in uso ai privato da Sassuolo Gestioni Patrimoniali srl per lo svolgimento di feste, banchetti e cerimonie – e l’Acetaia Comunale, previa prenotazione, mentre il palazzo marchionale - salvo eventi straordinari - è chiuso al pubblico, in attesa di restauro e di una nuova destinazione culturale.

La storia del castello

Le prime fortificazioni del Mons Gibus o Gibulus (monte gibboso, gobbo), risalgono probabilmente all’inizio del X secolo, quando i canonici della cattedrale di Parma si adoperarono per difendere i propri territori, sulla riva orientale del fiume Secchia, dalle scorrerie degli Ungari. Con ogni probabilità, stando anche allo stato attuale, queste strutture difensive si adattarono alla conformazione del rilievo collinare, conferendo al complesso una forma ellittica, sviluppatasi attorno allo spazio della corte. Ai canonici parmensi si riferiscono anche l’atto del 980 con cui l’imperatore Ottone II conferma loro tali possedimenti, prima testimonianza scritta relativa all’esistenza del Castellum de Monte Gibuli, e quello analogo del 996 stilato dalla cancelleria dell’imperatore Ottone III. Entrato all’interno dei vasti possedimenti di Bonifacio di Toscana e di sua figlia Matilde di Canossa, il castello di Montegibbio divenne parte di una triplice cerchia di castelli ubicati sulle colline modenesi e reggiane a difesa dei territori canossiani e dei relativi collegamenti viari.

All’inizio del Trecento, Montegibbio fu occupato dai nobili guelfi Della Rosa, signori di Sassuolo, che utilizzarono il castello per difendere il proprio feudo, minacciato dalle mire espansionistiche del ghibellino Passerino Bonaccolsi, governatore di Modena. A tal scopo, nel 1321, furono costruite nuove mura e scavate profonde fosse, ma nel 1325 Francesco Bonaccolsi, figlio di Passerino e alleato dei Visconti, prese Montegibbio e ne ordinò la distruzione. L’anno seguente, conquistato nuovamente il territorio dal guelfo Versuzio Lando, Montegibbio fu restituito ai Della Rosa, che ricostruirono il castello e ripresero a governare sul territorio fino al 1375, quando gli abitanti si assoggettarono spontaneamente agli Este. Solo dall’inizio del XV secolo, però, gli Este consolidarono definitivamente il loro dominio anche su Montegibbio che, come comune autonomo, fu compreso nella podesteria di Sassuolo.

Assieme a Sassuolo, Montegibbio fu dunque ceduto a Giberto Pio di Savoia nel 1499, ma già nel 1501, a seguito di un terremoto, il castello fu gravemente danneggiato e quasi completamente abbandonato. Ancora in rovina, come testimoniato dalla rappresentazione tardo cinquecentesca nella Sala delle Vedute del Castello di Spezzano, a seguito della morte di Marco III Pio di Savoia nel 1599, nel 1609 ritornò possedimento della Camera ducale estense che, nel 1636, lo cedette ai Boschetti, nobili di Modena, dopo aver elevato il territorio al titolo di marchesato. Fu il marchese Girolamo Boschetti, alcuni anni dopo, a ricostruire il castello sui ruderi delle precedenti fortificazioni, erigendo il palazzo marchionale “sopra un colle delizioso e praticabile anche in carrozza, con circa venti camere”, come indicato in un documento dell’epoca. In questa occasione fu aperto un nuovo e più ampio portale di accesso alla corte, tamponando quello medievale, in arenaria, sul cui stipite sinistro si trova ancora una medievale figura apotropaica. Nel 1676, il castello tornò alla Camera Ducale estense che, nel 1696, lo cedette al marchese Ottavio Spolverini di Verona. In quest’epoca il complesso è descritto come “un Palazzo grande posto e situato entro il recinto delle muraglie del Castello di Montezibio coi suoi uscii e finestre con l’invetriate adesso circondate da un Giardino, che continua intorno a detto castello”. Venuta a mancare la discendenza diretta, nel 1762 tornò alla Camera Ducale e, dal 1767 al 1797, anno in cui furono aboliti i feudi, appartenne a Luigi Canonici, nobile ferrarese, a cui fu conferito il titolo di marchese di Montegibbio. 

Divenuto proprietà della famiglia Nanni nel corso della prima metà dell’Ottocento, sotto ai quali fu abbassata di quota l’antica torre, passò nel 1851 alla ricca famiglia Borsari di Finale Emilia, che lo destinò a residenza di villeggiatura. Proprio ai Borsari, tra il 1851 e il 1872, si deve l’ultimo cospicuo intervento edilizio che tuttora caratterizza il complesso: l’ampliamento e la sopraelevazione del palazzo marchionale, la riqualificazione degli interni, arredati e decorati in un sontuoso stile eclettico, e l’edificazione di nuovi edifici di servizio. Passato ai Giovanardi di Montegibbio nel 1971, fu acquisito dal Comune di Sassuolo e, in quote minori dal Comune di Modena e dalla Provincia di Modena, nel 1972 

Le raccolte d’Arte e Storia presso il Castello di Montegibbio

Il nucleo d’arredi comunali di maggiore fascino è forse proprio quello conservato nel Castello di Montegibbio. Questo antico maniero, infatti, mantiene pressoché intatto l’arredo, improntato dal décor sontuoso e confortevole proprio delle dimore aristocratiche e altoborghesi fra Otto e Novecento. Commissionato dai nobili Borsari, cospicui possidenti di Finale Emilia che curarono il restauro del castello nei modi del revival neomedievale, secondo la moda dell’epoca il mobilio aderisce all’eclettismo stilistico, privilegiando la riproposizione di stili diversi, pur nella predominanza di un opulento e ridondante gusto “umbertino”.

La Chiesa di San Pietro nel Castello di Montegibbio

L’Acetaia Comunale presso il Castello di Montegibbio

 

Bibliografia
Carlo Alberto Giovanardi, Francesco Genitoni, Eliseo Baroni, Terra di Montegibbio, Sassuolo 1997
Patrizia Belloi, Elis Colombini, Itinerario illustrato tra i castelli della provincia di Modena, Modena 2001.

Come raggiungerlo

Da Sassuolo seguire le indicazioni per San Michele dei Mucchietti, prendere via Montanara e, dopo 300 m, girare a sinistra in via Montegibbio. Proseguire per 4,5 km fino alla località Montegibbio e seguire le indicazioni per il castello. Ampio parcheggio per autovetture e pullman. La rampa di salita solo pedonale dal parcheggio al castello può costituire una barriera per diversamente abili.

Per la visita 

Per visitare il Castello è possibile contattare l'associazione Boschetti Alberti che, previo appuntamento e con un numero minimo di n. 10 visitatori, accompagnerà gratuitamente i turisti all'interno del palazzo, nel Parco e nella Corte.
La corte e il parco sono sempre accessibili.
Per informazioni e prenotazioni: https://www.castellodimontegibbio.com/visite

Per maggiori informazioni 

cultura@comune.sassuolo.mo.it 
https://www.castellodimontegibbio.com/home